DEEP INTO: Formazione e Cultura del Gioco

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Formazione e Cultura del Gioco: è il tema di questo mio blog, ed anche il messaggio che ho voluto rimarcare sotto il mio nome nei biglietti da visita che ho fatto fare appositamente pensando al mondo del gioco.

Fra le tante recensioni ed alcuni excursus sui valori formativi, cognitivi e psicologici dei giochi ho capito che era il caso di fare un po’ luce sul perché ho scelto questa formula e cosa essa rappresenta per me.

Il lettore saprà dunque qual è il cuore di questo blog, del messaggio che tento di diffondere, e questo probabilmente lo aiuterà a conoscere meglio come la penso e cosa potrà dunque aspettarsi da me.

Studio scienze della formazione, ho lavorato per due anni in una azienda di formazione e ho sempre avuto passione per l’umanistica e lo sviluppo del pensiero umano; dunque per me la nube concettuale Formazione, Apprendimento, Comunicazione, Psicologia Comportamentale e Psicologia Cognitiva ha un valore davvero forte. Vedo e vivo questo insieme di conoscenze e studi come l’alfabetizzazione necessaria a saper coltivare la natura umana.

Ho sempre giocato, ma iniziando abbastanza recentemente con i giochi più adulti e moderni ho subito percepito che c’era “qualcosa” che scattava nella mia testa. Attitudine gestionale/manageriale, progressione graduale nell’apprendimento di un sistema momentaneamente sconosciuto, capacità di analisi e lettura del feedback. 

Giocare non era solo un gioco. Ho iniziato a ricercare (e continuo a farlo) quelli che potessero essere i legami fra gioco, apprendimento, formazione e psicologia umana, quando ad un certo punto mi è balzata in mente questa formula, come quella che potesse essere mia distintiva.

Formazione indica un apprendimento permanente, un condizionamento consapevole e ben strutturato per sviluppare in una persona delle capacità durature. Lo distinguo dall’insegnamento in quanto vedo quest’ultimo come il processo associato a degli specifici contenuti: di solito si insegna una materia scolastica, o una disciplina; invece per formare qualcuno è necessario progettargli su misura delle esperienze, che possa fare e grazie a cui possa condizionarsi in modo funzionale.

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La corteccia cerebrale umana è plastica e in continua evoluzione. Ogni nostra capacità è incarnata nelle nostre sinapsi e nel reticolo di connessioni che percorre il nostro cervello. Quanto più ci si sottopone a degli stimoli, tanto più si sviluppano le connessioni neurali legate al comportamento associato: proprio come nello sport, più si ripete un movimento più questo diventa automatico, mnemonicamente indelebile e raffinato nell’esecuzione.

La stessa cosa avviene con l’assimilazione di capacità e competenze. Esse entreranno a far parte della nostra memoria muscolare molto più di qualsiasi “istruzione” o “insegnamento” di una materia – e soprattutto ciascuna di queste capacità sarà utilizzabile anche al di fuori del proprio ramo di provenienza. Ad esempio, il giocatore di tennis con grande colpo d’occhio avrà la prontezza di cogliere particolari rapidi anche al volante, così come la persona sensibile alle sfumature vocali, magari un attore o un doppiatore, saprà cogliere tanti elementi delle persone con cui si relaziona in qualsiasi contesto, professionale e non.

Spesso una formazione di qualità implica il cominciare subito a dare degli input che aiutino il condizionamento, istruendo invece un gradino per volta. Intanto ci si esercita, poi si viene istruiti gradualmente nella teoria in modo da lasciar sedimentare le lezioni apprese.

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Se la formazione rappresenta (a mio avvisoun apprendimento così incarnato, il gioco ne è un ottimo strumento. Fra la mia esperienza personale e quella di altri giocatori adulti di varie professioni (inclusi educatori come Andrea Ligabue – Ludologo), sono state identificate e proposte diverse skill  che vengono potenziate dalla pratica del gioco da tavolo moderno. Ne elenco qui alcune:

  • L’intelligenza fluida, ossia quella intelligenza creativa e più libera da schemi tanto fondamentale nel problem solving.
  • L’analisi tattico-strategica: saper capire il valore delle proprie azioni in un dato momento.
  • Etica e sportività: come negli sport fisici, il gioco educa ad avere delle regole, a rispettarle, e ad essere artefici di vittorie e sconfitte in armonia con esse, assumendosi la responsabilità dei propri risultati.
  • Sequenzializzazione e responsabilità individuale: i giochi che richiedono di attuare strategie a medio o lungo termine allenano il cervello a percepire la sequenzializzazione delle azioni. Il giocatore sa che deve partire da un primo passo basilare, e continuare a fare passi ulteriori fino al risultato desiderato. Questa mentalità libera dal preconcetto del “tutto e subito” e insegna a vivere appieno il percorso che porta l’uomo a conseguire risultati reali nella vita.

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  • Deuteroapprendimento (Imparare ad imparare) – del tutto affine al concetto precedente, in quanto con il gioco ci si esercita a raggiungere la padronanza delle strategie in modo graduale. Si impara a capire e accettare che da subito non si riusciranno a vedere tutte le conoscenze racchiuse in ciò che stiamo praticando; anzi, all’inizio è normale fare scelte sub-ottimali. Laddove queste si dovessero protrarre, invece di farsi prendere dallo sconforto si impara ad identificare la curva di apprendimento con cui si ha a che fare, perché nel momento in cui si starà approcciando qualcosa di complesso, sarà naturale commettere errori per un periodo iniziale più lungo.
  • Lettura del feedback: un gioco ci esercita nell’importantissima capacità di leggere i risultati in tempo reale. Se il nostro punteggio cala, stiamo effettuando scelte non massimizzanti. Analogamente, nella vita quotidiana, se andiamo incontro più volte ad un risultato insoddisfacente dobbiamo capire quali sono le scelte e i comportamenti disfunzionali che stiamo adottando. Una volta identificati, cambiarli in tempo reale sarà semplice, naturale e fruttifero.
  • Interazione sociale e gestione emotiva: vincere e perdere, collaborare o competere, non prendere dei singoli episodi sul personale ma considerarli per ciò che essi sono: accadimenti, esperienze. Giocare crea molto facilmente un habitat sociale ed emozionale favorevole all’apprendimento perché protetto dall’eccesso di emotività.

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E poi disinvoltura, fiducia nei propri metodi e nelle proprie capacità… i benefici formativi del gioco sono davvero tanti.

Formazione e Gioco dunque sono un binomio che ben viaggia a braccetto. E in mezzo c’è e ci deve essere la cultura, in due accezioni.

Cultura del gioco significa in primo luogo esplorare e conoscere. Come la narrativa, la musica o la cucina, il gioco ha tante possibili offerte quanti sono i palati da accontentare. C’è qualcosa per tutti. Occorre assaggiare un po’ tutto, conoscere i sapori: quando li si conosce, li si sa scegliere al momento giusto e offrire così una esperienza valida e arricchente – a se stessi o agli altri.

Giocare arricchisce. In fondo questa è l’idea.

Cultura inoltre, secondo l’etimologia, significa proprio coltura, coltivazione. Dedicare tempo, impegno e energie a far crescere qualcosa di vivo; non solo istruirsi sul gioco, ma soprattutto usare il gioco per coltivare.

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Formazione e cultura del gioco; questo è il messaggio che tento di trasmettere attraverso il mio blog e il mio approccio al mondo dei boardgame.

La Mission che sento di fondo è diffondere la cultura del gioco in Italia e dare dignità sociale e formativa all’attività di gioco.

Ale Friend

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